Credo che la poesia sia una delle forme più difficili di "ARTE" perchè ha solo
le parole che devono essere capite e "rivissute" !
Lo scrittore argentino Cortazar descrisse così la poesia di Neruda “un enorme
alluvione di parole cariche di materia spessa, di pietre e di licheni, di sperma
siderale, di venti del litorale e gabbiani della fine del mondo, un inventario di
rovine e di nascite, una nomenclatura di legni e metalli e pettini e donne e
faraglioni e splendide bufere”.
Rimasto orfano quasi subito dopo la nascita, il crescere in una terra desolata
su un mare scosso da terribili tempeste antartiche facendone un uomo duro
come il clima, ha raccontato un’esistenza d’amore e di impegno politico, come
dimostrano i suoi versi e le sue vicende personali.
Una vita energica e vissuta da protagonista, con un carattere espansivo, generoso.
Una vita trascorsa intensamente, ricca di passioni, di amicizie, di incontri e di viaggi.
Una vita che certamente non sarebbe stata la stessa però, senza le sue compagne,
"sus mujeres", quelle stesse che contribuirono in modo determinante al suo successo
e che lo hanno al contempo, ispirato, sostenuto ed amato.
Perennemente innamorato della vita, così Neruda si definì “Sono onnivoro di sentimenti,
di esseri umani, di libri, di avvenimenti e di battaglie.
Mi mangerei tutta la terra.
Nel 1936 la Guerra Civile Spagnola, a cui partecipa parteggiando per i Repubblicani,
l’assassinio del suo amico poeta F. G. Lorca e l’orrore della guerra, cambieranno per
sempre la sua poesia.
Sarà sepolto nella sua casa di "Isla Negra" con lo sguardo rivolto a quel cielo ed a
quelle onde dell’Oceano Pacifico tante volte cantate !
Lottatore accanito e convinto affermò " Confieso que he vivido" !
GIU' IL CAPPELLO DI FRONTE A TANTO UOMO !
"delle febbri velenose che mi hanno rifinito
e dei ripugnanti inglesi che odio ancora"
tratto da "TANGO DEL VEDOVO (Tango del viudo)" e nel quale. ancora oggi,
m' identifico nell'odio comune !
Sebbene sia "duro" da capire se non si riconoscono i riferimenti ve lo propongo
perchè quasi sconosciuto!
TANGO DEL VEDOVO
Oh maligna, avrai già trovato la lettera, avrai già pianto con furia
e avrai insultato la memoria di mia madre
chiamandola cagna putrefatta e madre di cani,
avrai già bevuto da sola, in solitudine, il tè della sera
guardando le mie vecchie scarpe vuote per sempre
e non potrai ricordare i miei malanni, il mio dormire, il mio mangiare
senza maledirmi ad alta voce come se io fossi ancora lì
a lagnarmi dei tropici dei coolies corringhis,
delle febbri velenose che mi hanno rifinito
e dei ripugnanti inglesi che odio ancora.
Maligna, in verità, com’è grande la notte, com’è sola la terra!
Sono tornato di nuovo nelle camere solitarie,
mangio nei ristoranti pietanze raffreddate, e di nuovo
butto per terra i pantaloni e le camicie,
non ho attaccapanni nella stanza né ritratti alle pareti.
Quant’ombra, di quella che albergo in cuore, darei per riaverti,
e quanto minacciosi mi sembrano i nomi dei mesi
e che suono di lugubre tamburo ha la parola inverno!
Sotterrato vicino al cocco troverai più tardi
il coltello che ho nascosto per timore che tu mi uccidessi,
e ora all’improvviso vorrei fiutare la sua lama da cucina
abituata al peso della tua mano e al fulgore del tuo piede:
sotto l’umidità della terra, tra le sorde radici,
delle umane parole il poveretto non saprà che il tuo nome,
ma la grossa terra non capisce il tuo nome
fatto d’impenetrabili sostanze divine.
Come mi angoscia pensare allo sfolgorio delle tue gambe
distese come ferme e dure acque solari,
alla rondine che dorme e vola nei tuoi occhi,
al cane di furia che alberghi nel cuore,
così vedo anche quanta morte c’è tra noi due da quest’ora
e respiro nell’aria cenere e distruzione,
il lungo, solitario spazio che mi circonda per sempre.
Darei questo vento del mare smisurato per il tuo brusco respiro,
che ho udito in lunghe notti senza oblio
congiungersi nell’aria come la sferza al cavallo.
E per udirti orinare, nel buio, dal fondo della casa,
come versassi un miele sottile, tremulo, argentino, ostinato,
quante volte darei questo coro d’ombre che è mio,
e il rumore d’inutili spade che mi sferraglia nel petto
e la solitaria colomba di sangue che sta sulla mia fronte
a invocare cose scomparse, esseri scomparsi,
sostanze stranamente inseparabili e perdute.
Quanto ho scritto sopra deve essere inteso come un aiuto alla chiave di lettura
da usare per comprendere meglio i suoi scritti che sono, sempre, aderenti alla
vita vera e reale e sublimi per la loro semplicità !
Dopo la "pesantezza" di quanto esposto sopra (ma che ritenevo giusto scrivere
per una maggior comprensione) vi trasmetto due sue poesie estratte fra quelle
che amo di più !
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DUE AMANTI FELICI
Due amanti felici fanno un solo pane,
una sola goccia di luna nell'erba,
lascian camminando due ombre che s'uniscono,
lasciano un solo sole vuoto in un letto.
Di tutte le verità scelsero il giorno: non s'uccisero con fili,
ma con un aroma e non spezzarono la pace né le parole.
È la felicità una torre trasparente.
L'aria, il vino vanno coi due amanti,
gli regala la notte i suoi petali felici,
hanno diritto a tutti i garofani.
Due amanti felici non hanno fine né morte,
nascono e muoiono più volte vivendo,
hanno l'eternità della natura.
SAPRAI CHE NON T'AMO E CHE T'AMO
Saprai che non t'amo e che t'amo
perché la vita è in due maniere,
la parola è un'ala del silenzio,
il fuoco ha una metà di freddo.
Io t'amo per cominciare ad amarti,
per ricominciare l'infinito,
per non cessare d'amarti mai:
per questo non t'amo ancora.
T'amo e non t'amo come se avessi
nelle mie mani le chiavi della gioia
e un incerto destino sventurato.
Il mio amore ha due vite per amarti.
Per questo t'amo quando non t'amo
e per questo t'amo quando t'amo.
Solo due poesie tratte da una produzione vastissima e che meriterebbero tutte
di essere lette, gustate e confrontate con quello che ognuno di noi ha dentro !
Ma queste mi piacciono particolarmente e ve le ho volute offrire !
scapolo